Ulteriori gradi di libertà, nella città che resiste

Gallerie d'Italia, Milano

Dal 10 settembre 2021 le Gallerie d’Italia di Milano presentano la mostra di Francesca Leone Ulteriori gradi di libertà, nella città che resiste, a cura di Andrea Viliani: un’esplorazione tra le più significative opere dell’artista in dialogo con alcune opere della collezione Intesa Sanpaolo.

Nel suo intervento all’interno della Sala delle Colonne, alle Gallerie d’Italia, Francesca Leone utilizza ogni dettaglio dell’architettura della sala come per gettare le fondamenta di un’architettura ulteriore, che l’artista non si limita a evocare ma che costruisce “lamiera su lamiera” considerando il materiale standard dei suoi interventi. L’artista sviluppa un’architettura che potremmo definire ulteriore, che cioè non nega la realtà che abitiamo, ma non si rassegna a essa.

Tutta la ricerca di Leone è volta in effetti a esplorare il valore dell’architettura (metafora della Storia) come esperienza plurale, risultato di una negoziazione fra dinamiche e interessi opposti (da cui emerge la molteplicità delle tante storie individuali): alla funzione collettiva dello spazio pubblico si integra quella singolare dello spazio domestico; sull’utopia del progetto interviene l’utilizzo quotidiano della comunità che lo percorre e lo interpreta; ogni visione di progresso comporta l’usura, il rischio dell’incomprensione, il destino del rifiuto e dello scarto. Per questo nelle opere dell’artista alla costruzione non consegue mai la distruzione ma la resistenza di ogni elemento nell’altro, e quindi i variabili gradi di libertà reciproca che tale coesistenza comporta.

Francesca Leone trasforma la Sala delle Colonne delle Gallerie d’Italia assecondando i variabili gradi di libertà che corrispondono al suo abitare lo spazio-tempo concessole. Tra le sei colonne l’artista insinua poi una parete di lamiera, l’opera principale della mostra: essa vi compone un’imprevista voluta metallica che definisce quasi un’architettura nell’architettura. La matrice di quest’opera mobile e curvilinea sembra riportare alle architetture immaginifiche del barocco berniniano o borrominiano. L’opera sembra invocare così uno spazio aperto e una visione aerea, impediti però dalla conformazione stessa della sala, che l’artista trasforma velando il soffitto per conferirgli un’impressione di potenziale sfondamento verso l’impalpabilità di un cielo che in realtà non c’è: ancora un artificio in grado di trasfigurare un volume interno in un ambiente esterno.

Le materie e le forme delle opere sembrano non accettarsi per come sono e ricercano invece un’alternativa, nel ricordo o nell’auspicio di condizioni e funzioni differenti: lamiere, dispositivi elettronici, reti metalliche sovrapposte si coprono di una colorazione variopinta e sfumata che lascia intendere, oltre la ruggine, finestre aperte verso un paesaggio o suggerisce quanto meno la sua rappresentazione illusiva, come in una domus pompeiana o in una quadreria cinque/seicentesca.
Nella costruzione di queste sue architetture immaginifiche, Francesca Leone ha scelto di condividere la sala con due opere che provengono dalle collezioni di Intesa Sanpaolo: Senza titolo (1948) di Mimmo Rotella e Dai gradi di libertà: recupero e reinvenzione (1975) di Ugo La Pietra.
Senza titolo (1948) di Mimmo Rotella appartiene a una fase successiva al suo incontro con gli artisti di Forma1, con il loro progetto di far coesistere astrazione e figurazione. La scelta di Leone di accostarsi a quest’opera andrebbe quindi messa in relazione a questa linea composita e al suo incrociarsi con le tante storie della cosiddetta Pop Art italiana (da Angeli a Festa, da Schifano a Uncini) su cui l’artista in particolare si è formata, sviluppando una ricerca orientata ad esprimere la potenzialità degli oggetti e conferire rappresentazione agli immaginari.
In Dai gradi di libertà: recupero e reinvenzione (1975) l’architetto, designer e artista Ugo La Pietra analizza la separazione fra la “città che sale” e la città residuale che invece ne deriva in basso, come conseguenza. La Pietra riesce a recuperare e reinventare questa residualità e a reintegrare così l’individuo nel suo ambiente di vita. Accostando all’opera alcuni suoi disegni preparatori per la mostra Giardino (MACRO, Roma, 2017) Leone sembra far sua questa ipotesi di ricostruzione immaginifica.

Tutte le opere di Francesca Leone cercano di far coesistere più cose, spazi, tempi, visioni ed esperienze, vogliono coesistere nel nostro stesso mondo a partire dall’architettura che condividiamo ma, al contempo, non l’accettano: esse scolpiscono la realtà che ci circonda ma anche tutte le possibilità che essa incarna. Riconnettendo materie usurate e abbandonate con la loro bellezza e autorità perduta o con i significati e le funzioni che esse avrebbero potuto assumere, se non le avessimo ridotte appunto a semplici materiali di scarto, queste opere sono citazioni liriche di archetipi architettonici e decorativi di città ideali che però non esistono più, o non esistono ancora. Sono atti di resistenza rispetto alla città digitale, globalizzata, inquinata in cui ci siamo ridotti a sopravvivere.
Le opere di Leone si fondano sull’irredimibile consapevolezza di aver vissuto tempi colti e gloriosi ma, invece di suscitare nostalgia o di arrendersi, continuano a rivendicare proprio la persistenza di quegli ulteriori gradi di libertà che sono ancora possibili e praticabili, continuando a ricordare e a immaginare, a recuperare e reinventare le molteplici storie di quella città-mondo che intorno a noi ancora, nonostante tutto, resiste.

Data
dal 10.09.2021 al 07.11.2021
conclusa
Ora
dalle 9:30 alle 19:30 Chiuso il lunedì.
Ultimo ingresso un’ora e mezza prima della chiusura.
Prezzi

Consigliata la prenotazione online ed è obbligatorio esibire il Green Pass – Certificazione verde COVID-19.

Tariffe:
– intero: 5,00 €
– ridotto: 3,00 €
– ingresso gratuito per minori di 18 anni, scuole, convenzionati e clienti del Gruppo Intesa Sanpaolo
Maggiori dettagli sulle modalità di visita in sicurezza, riduzioni e gratuità sul sito delle Gallerie d’Italia.

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