Le statue di Canova e Thorvaldsen viste dall’occhio di Edoardo Montaina

Edoardo Montaina, tra i più rappresentativi fotografi italiani di oggi, ha realizzato un meraviglioso lavoro fotografico, Visions, dedicato alla mostra Canova | Thorvaldsen. La nascita della scultura moderna in corso alle Gallerie d’Italia di Milano fino al 15 marzo 2020.

L’approccio di Edoardo Montaina alla mostra

«Avevo già incontrato da vicino il genio scultoreo e inventivo di Antonio Canova quando ero stato chiamato ad interpretare, per un libro fotografico d’autore, i capolavori custoditi nella Galleria Borghese. In quell’occasione avevo avuto la possibilità di ritrarre, con libertà e profondità, Paolina Borghese scolpita dal Canova tra il 1804 e il 1808. L’emozione fu enorme e oggi si rinnova, moltiplicata, tra le statue e le opere esposte in questa mostra epocale che aggiunge, ai capolavori del maestro veneto anche quelli del suo “emulo” e rivale nordico Bertel Thorvaldsen. La vita inerte, ma al tempo stesso armoniosa ed eterna delle statue mi ha fortemente impressionato ed emozionato a tal punto (complice la “frizione” con l’architettura delle Gallerie d’Italia) che ho voluto, come è mia consuetudine, operare sulla mostra con un doppio registro.

Il primo registro è quello più aderente al messaggio neoclassicista del Canova e di Thorvaldsen, in grado di esaltare la materia scultorea, le sinuose linee dei corpi e dei panneggi e i dettagli straordinari colti attraverso una fotografia a “sfocatura selettiva e accorgimenti illuminotecnici specifici. Su questa linea sono le foto dei particolari delle sculture, le mani soprattutto, che indicano a seconda dei casi, tenerezza, grazia, sensualità, tristezza o semplice intima quotidianità.

Il secondo è quello espressivopiù libero e “sperimentale”, nel quale riversare una visione ancora più personale, tesa a vivificare le sculture e i quadri al fine di scoprirne il movimento e l’anima. Sono scatti quasi fantastici, o fantasmatici, che raggiungono a volte l’astrazione, frutto di uno stile che ha sempre indirizzato il mio lavoro e che consiste nello sfruttamento di tutte le possibilità offerte dalla macchina fotografica, e dal controllo delle luci, al fine di trasformare le forme evidenti, così come le conosce l’occhio “nudo” del visitatore, in espressioni nuove frutto dell’incontro fra la visione dell’artista e il nostro inconscio.

Questi “tesori”, a mio parere, si celano e vengono custodite da ogni capolavoro; ho sempre pensato che le grandi opere d’arte, realizzate da persone reali e concrete per altri esseri umani, spesso disseminati nel tempo, non siano solo oggetti asettici, chiusi nei confini della loro “sacralità e perfezione. Le ritengo delle finestre che, da una parte ci fanno intuire frammenti dell’animo dell’artista ma contemporaneamente, e soprattutto, rappresentano potenti catalizzatori delle nostre emozioni, spesso fino ad allora non riconosciute e nascoste. Per questo, quando sono entrato nelle sale del museo ho cercato, per quanto è possibile, di dimenticare ogni tipo di conoscenza pregressa per cercare di vedere il luogo e le opere come qualcosa di sconosciuto, ma soprattutto lasciando indietro il continuo rumore dei pensieri superficiali e i limiti dell’ovvio. In questo silenzio interiore ho cominciato a scattare immagini che descrivevano una realtà parallela, più onirica, in una percezione di continuo movimento, a volte come un passo di danza, a volte di dialogo diretto o contrapposizione fra le figure rappresentate dagli artisti o ancora come scoperta del desiderio prepotente di vita delle opere stesse.

Grazie alla collaborazione dei dirigenti e del personale delle Gallerie d’Italia ho potuto restare in dialogo stretto con le opere esposte e ciò mi ha permesso di comporre un percorso visivo che è insieme descrittivo e narrativo, con l’ambizione di essere anche disvelante rispetto alle possibili emozioni celate nel marmo: emozioni che mi piace pensare i due scultori, Canova e Thorvaldsen, abbiano provato nel corso delle lunghe ore di lavoro sulle loro “creature”. Immagino che le considerassero al pari di esseri viventi, così come già fece Michelangelo prima di loro…»

Tra i più rappresentativi fotografi italiani di oggi, Edoardo Montaina è autore capace di trasporre la tensione estetica della fotografia d’arte in scenari industriali e istituzionali, rivelando l’energia vitale e la forza creatrice che abita l’umanità in ogni sua intrapresa. Protagonista di una cifra stilistica unica e inconfondibile, è artista visivo che conduce il proprio sguardo in territori inesplorati, lontano dalla cronaca delle apparenze: la fotografia diventa rivelazione di una storia inattesa, narrazione di armonie nascoste, autentica poesia per immagini.
Massimo Di Forti Giornalista de "Il Messaggero"