La caduta degli angeli ribelli

Il capolavoro delle collezioni Intesa Sanpaolo, esposto in modo permanente alle Gallerie d’Italia - Palazzo Leoni Montanari a Vicenza, protagonista di un prestito eccezionale in occasione della mostra "Inferno" di Jean Clair fino al 9 gennaio 2022 nell’ambito delle celebrazioni dedicate ai 700 anni dalla morte di Dante Alighieri

La caduta degli angeli ribelli, capolavoro scultoreo delle Gallerie d’Italia – Palazzo Leoni Montanari, sede museale di Intesa Sanpaolo a Vicenza, mai presentato in un’esposizione temporanea prima d’ora, è una delle opere protagoniste della mostra Inferno, alle Scuderie del Quirinale fino al 9 gennaio 2022.

A cura di Jean Clair, l’esposizione rende omaggio a Dante Alighieri nel settimo centenario della morte, avvenuta il 14 settembre 1321 a Ravenna, attraverso la proposta di oltre duecento opere d’arte, dal Medioevo ai giorni nostri. Prima grande rassegna dedicata al tema, la mostra racconta l’iconografia del mondo dei dannati e le varie translitterazioni dell’Inferno in terra – la follia, l’alienazione, la guerra, lo sterminio – trovando la sua conclusione con l’evocazione dell’idea di salvezza, affidata da Dante all’ultimo verso della cantica: e quindi uscimmo a riveder le stelle.

Secondo il curatore della mostra Jean Clair il capolavoro della collezione Intesa Sanpaolo, punto di partenza del racconto espositivo, presentato nella prima sala, propone una straordinaria testimonianza della visione diabolica nel XVIII secolo, permettendo un approfondimento sulla tradizione iconografica dell’Inferno e della sua popolazione demoniaca.

Lo strabiliante gruppo scultoreo, composto da oltre sessanta figure, incarna con grande suggestione l’eterna lotta tra il bene, rappresentato dall’arcangelo Michele con la spada infuocata, e le forze del male capeggiate da Lucifero, a guida degli angeli ribelli.

La più antica segnalazione dell’opera si trova in un appunto contenuto nei diari del medico fiorentino Antonio Cocchi relativi al suo soggiorno a Venezia e a Padova effettuato nell’autunno del 1744, che recita: ‘Agost.o Fasolato/ Scult.e Padovo / Caduta degli angeli / Ratto delle Sabine / nella cad.a sono sessanta / figure implicate / insieme a guisa di / piramide’.
Nel 1765 Giovan Battista Rossetti, nella sua Descrizione delle pitture, sculture, ed architetture di Padova, la annovera tra le principali attrazioni della città patavina, definendola ‘lavoro per dir vero stupendo, non tentato né pure dall’antica Grecia’. La sorprendente maestria tecnica sfoggiata nel gruppo scultoreo continua a destare stupore per tutto l’Ottocento anche fuori dai confini locali. Il teologo Antonio Rosmini lo descrive a più riprese nel suo epistolario; l’erudito Leopoldo Cicognara lo menziona nella Storia della scultura chiedendosi ‘con quali ingegnosi e ricurvi ferri si giungesse per ogni verso dallo scultore a traforare e condurre quel marmo’; il letterato Hermann Melville ne fa l’oggetto di una conferenza a Cincinnati. Alla fama del gruppo scultoreo non corrisponde tuttavia quella del suo autore di cui poco si conosce sul piano biografico. Ulteriori studi, in occasione della mostra alle Scuderie del Quirinale, ipotizzano una diversa attribuzione del capolavoro che potrebbe essere frutto dell’ingegno e dell’abilità di Francesco Bertos, “scultor di Padova, Uomo celebre e solo nell’Arte di simil genere”.

 

.